FONDAZIONE PESENTI ETS

Il futuro degli spazi urbani

Smartcity, la sfida del futuro «Ma la persona è al centro». Il lavoro dell’Università di Bergamo e di Harvard al centro del confronto promosso dalla Fondazione Pesenti.

1 Luglio 2021 – “IL FUTURO DEGLI SPAZI URBANI. Smart cities: quale evoluzione nel nuovo contesto?” questo l’interrogativo dell’incontro promosso il 29 giugno da Fondazione Pesenti e Fondazione Corriere della Sera trasmesso online sulle piattaforme dedicate, per garantire la massima visibilità nel pieno rispetto dei protocolli in essere.

Sono intervenuti: Piergaetano Marchetti, Presidente Fondazione Corriere della Sera, Allen Sayegh, Professor in Practice, Harvard University Graduate School of Design, Stefano Andreani, Lecturer in Architecture, Harvard University Graduate School of Design; Chiara Del Bo, Professoressa di Economia, Management e Metodi Quantitativi, Università degli Studi di Milano; Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo; Matteo Kalchschmidt, Docente di Gestione dell’Innovazione e dei Progetti, Università degli Studi di Bergamo, e con alcuni ex studenti che hanno partecipato al progetto di collaborazione tra la Graduate School of Design di Harvard e l’Università degli Studi di Bergamo. Moderatore Massimo Sideri, Editorialista Corriere della Sera.

Moderatore Massimo Sideri, Editorialista Corriere della Sera

L’Università di Bergamo e il prestigioso ateneo statunitense di Harvard stanno lavorando da 7 anni ad un progetto comune sul futuro (tecnologico e non) degli spazi urbani, sintetizzato in «Responsive Environments – An interdisciplinary manifesto on design, technology and the human experience» pubblicazione che raccoglie i lavori degli studenti e le riflessioni di alcuni dei principali protagonisti del mondo accademico ed economico. Un percorso supportato dalla Fondazione Carlo Pesenti, presentato ieri in collaborazione con la Fondazione Corriere della Sera.

«La tecnologia deve servire all’essere umano» spiega Massimo Sideri, editorialista del Corriere della Sera, introducendo i contributi del presidente della Fondazione Corriere, Piergaetano Marchetti – «Non usciamo da situazioni come la pandemia con città che diventano disumane» – e di Allen Sayegh, docente ad Harvard, pronto a ricordare la collaborazione con l’ateneo bergamasco e a indicare due punti cardine: la multidisciplinarietà e l’innovazione sociale.

Allen Sayegh, docente ad Harvard

«Dobbiamo partire dalle persone al centro, la tecnologia seguirà» spiega Stefano Andreani della Harvard Graduate school of design: «Serve un approccio critico alla smart city, la tecnologia deve essere un motore dei sistemi urbani».

«Bergamo è un ottimo prototipo di città di media dimensione europea con una storia da valorizzare: fare smart city in un contesto del genere vuol dire ragionare su spazi fisici ma anche sociali, quindi sulle persone» rilancia Matteo Kalchschimdt, prorettore Università di Bergamo. Ma attenzione «le innovazioni non possono essere calate dall’alto». Concetto nel quale si ritrova Chiara Del Bo, professoressa di Scienze delle Finanze all‘Università di Milano: «La smart city non è quella che si autodichiara tale e investe solo in tecnologia». Perché centrale rimane il tema «della qualità della vita». E tutto «deve partire avendo la tecnologia come mezzo e non fine». Ovvero non devono essere i fornitori (i big tech) «a dettare gli obiettivi, ma la politica». E in modo «complessivo e non settoriale».

Conclude l’intervento il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori «Il dato nuovo è che la tecnologia consente alla società di adattarsi: il Covid ci ha portati a pensare cose diverse, cominciando dall’utilizzo degli spazi pubblici». E sul ruolo della politica si dice «d’accordo sul fatto che non debba abdicare al proprio ruolo» in un’ottica di confronto con lo sguardo puntato sulle sfide del futuro: «Demografia e inclusione», con un auspicio: «Mi piacerebbe che alcune idee elaborate dai due atenei venissero messe a terra per vedere come e se funzionano. E Bergamo si presta bene a diventare un luogo di sperimentazione».

Sono intervenuti, nel dibattito con Amministrazione e Istituzioni Accademiche, alcuni ex studenti che hanno partecipato al progetto di collaborazione tra la Graduate School of Design di Harvard e l’Università degli Studi di Bergamo. Elisa Saccenti, Enrico Signorelli, Maria Gromachenko, Francesca Cesarini e Stefano Terranova hanno portato all’attenzione interessanti temi e quesiti.

“Quali sono le sfide che città come Bergamo dovranno affrontare in futuro sul tema inclusione sociale? Che impatto ha avuto la pandemia sull’uso delle tecnologie digitali e quali sono le opportunità da cogliere per stimolare la ripresa economica?”

“Con un evento totalmente disruptive come quello pandemico, come vanno ripensati i sistemi di gestione di spazi e servizi urbani? Probabilmente all’interno di uno scenario diverso che deve avere come pilastro fondamentale la sostenibilità?” lanciando anche messaggi forti e proposte concrete: “Ponendo al centro l’individuo e guardando al miglioramento della qualità della vita e alla partecipazione dei cittadini (pilastro del nostro lavoro), come è possibile coinvolgere in maniera sempre più proattiva i cittadini stessi nella partecipazione a scelte strategiche?”

“È necessario ripensare gli spazi che devono essere meno rigidi e più flessibili, e sarebbe auspicabile passare dai city users ai city lovers. Le città devono quindi reinventarsi, non limitarsi ad accogliere un’utenza che utilizza la città in maniera strumentale per il loro lavoro, ma devono/possono attrarre le persone da un punto di vista sociale, culturale e di vivibilità.”

Enrico Signorelli, Stefano Terranova, Elisa Saccenti e Francesca Cesarini

Maria Gromachenko

APPROFONDIMENTI

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www.bergamo2035.it  |  www.gsd.harvard.edu   |    research.gsd.harvard.edu/real/

L’Eco di Bergamo 30 06 2021 | Corriere della Sera (piede)

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